Finalmente confermato il primo buco nero di dimensioni intermedie

Osservazioni eseguite con il radiotelescopio australiano del CSIRO hanno confermato in pieno la scoperta del primo buco nero di dimensioni intermedie tra quelli di tipo stellare e quelli galattici. Questo articolo, già pronto da un po’, sembra essere sorpassato alla luce di quanto raccontato ultimamente. Tuttavia, è un dato osservativo e apre altre possibilità. Per fare una frittata si possono usare veri metodi…

Il suo nome è HLX-1 (Hyper-Luminous X-ray Source 1) e si trova nella periferia della galassia ESO 243-49, a circa 300 milioni di anni luce da noi (o meglio… la cui luce ha impiegato  300 milioni di anni per raggiungerci).

Fino alla sua definitive conferma, gli astronomi conoscevano direttamente solo due tipi di Buco Nero: quelli supermassicci, da milioni a miliardi di volte la massa del Sole, residenti al centro delle galassie, e quelli “stellari, ossia originatisi dopo l’esplosione di stelle giganti, la cui massa finale non superava le trenta masse solari.

Scoperto casualmente nel 2009, è dal 2010 che si sta studiando questo oggetto peculiare, sperando che si dimostrasse proprio quello che si sperava. Ancora non si sa esattamente come si formino i buchi neri supermassicci, ma probabilmente il meccanismo si basa sull’unione di buchi neri intermedi. Ne consegue che l’esistenza di questi ultimi doveva essere assolutamente provata.

HLX-1 si mostrò subito come una luminosa sorgente a raggi X. Come ben sappiamo, il gas che cade verso l’oggetto è riscaldato violentemente ed emette raggi X. Vi erano, però, molti altri candidati che brillavano nell’X e bisognava discriminare la loro massa. Uno a uno tutti gli altri si sono mostrati buchi neri stellari. Tutti, meno uno, proprio HLX-1 che era ben dieci volte più luminoso nell’X dei suoi piccoli fratelli.

Fin dal 2010 alle osservazioni X si sono aggiunte osservazioni radio con il CSIRO. Infatti, mentre il gas si riscalda ed emette nell’X, vi è una specie di “riflusso” nella regione circostante il buco nero che “spara” verso lo spazio particelle ad alta velocità che generano onde radio.

Le osservazioni hanno allora cercato di “vedere” una correlazione tra l’emissione X e le conseguenti emissioni radio, solitamente ritardate di un paio di giorni. E questo è accaduto per ben due volte. Il meccanismo che origina questa serie di emissioni dovrebbe basarsi sul fatto che il buco nero possiede una stella in orbita molto eccentrica attorno a lui. Quando quest’ultima giunge al suo periastro, il massiccio compagno le strappa un po’ di materia e dà luogo ai suoi brillamenti X e radio.

La luminosità dell’emissione X e dei getti radio hanno permesso di stimare un limite superiore alla massa del buco nero: 90 000 volte quella del Sole. Tuttavia, altre caratteristiche preferiscono limitare la massa a solo 20 000 masse solari. In ogni modo, sufficiente a parlare di massa intermedia. Un po’ com’è capitato nel Sistema Solare: all’inizio vi era solo polvere sub-millimetrica, poi si sono costruiti i planetesimi di decine e centinaia di chilometri di diametro e, infine, i pianeti di migliaia di chilometri. I buchi neri intermedi sarebbero i planetesimi che hanno formato i giganti del Cosmo, partendo dalla polvere dei buchi neri stellari.

Come mai ne è stato scoperto solo uno, quando invece dovrebbero essere piuttosto numerosi? Probabilmente, perché la maggior parte di loro è quiescente o si ciba solo di veloci “spuntini”, non sufficienti a farli brillare durante la “digestione”.

Probabilmente HLX-1  era una volta il buco nero centrale di una galassia nana, che è stata inghiottita dalla grande ESO 243-49. Sembra che vi siano zone di formazione stellare attorno al buco nero e questo fatto confermerebbe l’esistenza di un’antica galassia nana, ora inglobata nella sorella maggiore. Le osservazioni adesso mirano a evidenziare peculiarità attorno al nuovo arrivato, come correnti di gas, che confermerebbero questa ipotesi.

Che dire? Speriamo che questi “planetesimi” galattici mangino più spesso e … abbondantemente!

la galassia ESO 243-49
La Galassia ESO 243-49, la cui luce ha impiegato 300 milioni di anni per giungere a noi. Una freccia indica la posizione del buco nero HLX-1, il primo di massa intermedia (almeno 20 000 masse solari) scoperto. Fonte: NASA, ESA e S. Farrell (U. Sydney).

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