Contiamo i fotoni dell’Universo

Quanta luce è stata inviata nell’Universo da tutte le sorgenti luminose? La quantità di luce è sempre stata la stessa o è variata nel tempo? Possiamo misurarla come siamo riusciti a fare con quella emessa nelle microonde circa 380 000 anni dopo il Big Bang e che causa la radiazione cosmica di fondo?

Domande bellissime, ma di non facile soluzione. Chiamiamo questa luce del Cosmo Extragalctic Background Light (EBL), ossia luce di fondo extragalattica. Innanzitutto è impossibile misurarla direttamente dalla nostra posizione decisamente sfavorevole. Ovunque puntassimo un telescopio la visione della luce di fondo sarebbe sicuramente influenzata da qualche oggetto particolare. Al di fuori dell’atmosfera terrestre e anche al di fuori del Sistema Solare ci sarebbe comunque la fastidiosa presenza della Via Lattea che illumina di luci parassite qualsiasi campo di vista. All’interno del Sistema Solare si aggiungerebbe la polvere zodiacale che è sparsa su tutto il piano dell’eclittica e che causa una luminosità diffusa, del tutto “locale”. Non parliamo, poi, di ciò che capita al di sotto dell’atmosfera terrestre.

L’unica possibilità è quella di determinare la luce di fondo che continua a viaggiare nell’Universo attraverso gli effetti causati su qualcosa di facilmente osservabile (si fa per dire). L’ideale è dedicarsi alle sorgenti energetiche più potenti (fonti di raggi gamma e X) e cercare di determinare come i loro fotoni particolarmente robusti siano stati disturbati dai fotoni della luce visibile, dall’ultravioletto all’infrarosso, ossia dalla EBL. Più sono stati disturbati e più luce diffusa ci deve essere.

Le migliori sorgenti per questa ricerca estremamente ingegnosa e complicata sono i blazar, buchi neri galattici che puntano i loro getti ultra energetici proprio verso di noi. Vi sono moltissimi telescopi spaziali e anche terrestri che possono osservarli nelle lunghezze d’onda più corte, primo fra tutti Fermi.

Cosa capita quando un fotone molto energetico si scontra con un fotone  della EBL? I due amici si annichiliscono producendo un positrone e un elettrone, che se ne vanno ognuno per i fatti suoi. Ne deriva che l’intensità dei raggi gamma diminuisce leggermente (ha perso un fotone). Basta perciò misurare quanto la sorgente gamma dei blazar si affievolisce con la distanza da noi, e rispetto ai modelli che li descrivono, per avere una chiara idea dell’abbondanza di EBL nel Cosmo.

La faccenda è ben più complicata di quanto vi sto dicendo, ma il succo è in fondo tutto lì. Oltretutto, siamo anche in grado di misurare i raggi gamma dei blazar anche da terra, attraverso ciò che essi causano entrando nell’atmosfera. Questa “fortuna” è dovuta all’effetto Cherenkov, a cui vale la pena accennare.

Quando un raggio gamma colpisce una molecola dell’alta atmosfera dà luogo a una cascata di particelle cariche che riescono a viaggiare più veloci della luce. Fermi tutti. Non saltate sulla sedia. Queste particelle superano la velocità della luce nel mezzo in cui si trovano, ossia l’atmosfera, ma non la velocità della luce nel vuoto. Ricordiamo, infatti, che la velocità della luce può variare in funzione della materia che si sta attraversando. Nel momento dell’urto del raggio gamma è come se si superasse la barriera del suono e si genera un cono d’onda analogo a quello di Mach, che ha certo angolo legato all’indice di rifrazione della sostanza in cui è immerso. Esistono telescopi speciali che osservano proprio questa radiazione indiretta e riescono a risalire alla direzione del blazar che ha inviato i raggi gamma. Insomma, confrontando e incastrando tutte queste osservazioni è stato possibile risalire alla EBL e alla sua variazione negli ultimi 5 miliardi di anni.

Vi sono sicuramente blazar più antichi e lontani, ma l’attenuazione dei loro raggi gamma è troppo forte perché essi possano essere osservati con la moderna tecnologia. Questo complesso lavoro di ricerca ha permesso di determinare il primo valore statisticamente valido del “Cosmic Gamma Ray Horizon”. Esso è definito come la distanza alla quale circa un terzo (esattamente 1/2,718) dei raggi gamma di una certa energia è stato attenuato. L’ultimo risultato conferma che il tipo di galassie osservate oggi sono responsabili per la maggior parte dell’EBL di ogni tempo. Inoltre esso pone un limite sul possibile contributo derivante da galassie troppo deboli per essere inserite nelle varie campagne osservative o da ipotetiche sorgenti addizionali (come il decadimento di particelle elementari sconosciute e ipotetiche).

Mi sono accorto che sono stato piuttosto vago sul metodo utilizzato e sui suoi vari passaggi. Ma una descrizione più accurata creerebbe molta confusione e dubbi alla maggior parte dei lettori. Penso, quindi, che quanto detto possa bastare per dare un’idea dell’importanza del risultato e del suo significato così generale e fondamentale. Per chi volesse entrare nei dettagli è disponibile (gratuitamente) la versione originale del lavoro. Buona lettura!

raggi gamma e blazar
La figura illustra come i raggi gamma energetici di un blazar distante colpiscono i fotoni della EBL, producendo elettroni e positroni. I raggi gamma che sopravvivono a questo tipo di “assorbimento” urtano le molecole dell’alta atmosfera e danno luogo a una cascata di particelle cariche che formano il cono di Cherenkov e che possono essere rilevate da speciali telescopi. Fonte: Nina McCurdy e Joel R. Primack/UC-HiPACC; Wolfgang Steffen/UNAM

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2 Commenti    |    Aggiungi un Commento

  1. Come sempre: molto interessante. Noto l'uso della scala logaritmica neperiana.

    Super OT: come procede la tua battaglia per il Po/Tanaro?

  2. Sempre qualcosa da imparare e scoprire Enzo, sei stato comunque chiaro e sintetico. Certo che l'umanità deve trovare sempre qualcosa di ostacolo: non bastava l'umanissimo e noiosissimo inquinamento luminoso terrestre, ora abbiamo anche quello galattico e pure cosmico , mah...