L’importanza degli asteroidi

Gli asteroidi interessano soltanto quando vengono considerati potenziali killer della vita terrestre. In caso contrario, vengono scartati per tre ragioni fondamentali: sono piccoli, brutti e vicini (così mi disse una volta un futuro premio Nobel italiano…)! Molto meglio il fascino dei buchi neri, delle galassie, delle pulsar, anche se, molte volte, non si sa nemmeno cosa siano realmente. Non parliamo poi del Big Bang… Niente di più sbagliato. L’Universo è il tutto e tutto nel Cosmo ha la stessa importanza, indipendentemente dalle dimensioni, dalla lontananza e dalla bellezza, che è molto soggettiva. In certi casi, solo gli asteroidi ci permettono di vedere cose vietate nel resto dell’Universo.

Probabilmente, già il titolo porterà molti lettori a non leggere quest’articolo. Non si parla, infatti, di collisioni o di distruzioni del genere umano. Per cui, lasciamo questi pezzetti di roccia dove stanno e pensiamo ai misteriosi giganti dell’Universo. E’ un vero peccato, perché molte conquiste scientifiche si devono proprio a questi corpi minori che hanno caratteristiche impossibili da trovare altrove. In particolare, essi -nel loro piccolo- sono stati capaci di dimostrare la veridicità di molte ipotesi teoriche e di processi non rivelabili  nei giganti cosmici. Alcuni mi hanno chiesto di parlare un po’ della mia vita scientifica e questo articolo mi fornisce un bello spunto… e ne approfitto.

Tralascio la fondamentale ricaduta che hanno avuto sullo sviluppo della meccanica celeste, proprio quella materia che ci ha permesso di viaggiare nel Sistema Solare e mettere i robottini su Marte e non solo. Solo un breve cenno. La meccanica celeste cerca di risolvere uno dei pochi problemi ancora insoluti da un punto di vista analitico: il problema degli N-corpi. Ossia, poter predire come si muovono gli oggetti (anche artificiali) sotto l’effetto gravitazionale di molti corpi celesti. Nel Sistema Solare siamo in queste condizioni e le leggi di Keplero sono solo una misera approssimazione.

Lo studio della meccanica celeste è stato teatro del pensiero di alcune delle più luminose menti dei secoli scorsi, ma ha portato solo a teorie, a simulazioni, a ipotesi da verificare. Ci voleva qualcosa che servisse come banco di prova. Ed ecco che gli asteroidi, così numerosi e così piccoli, sono apparsi come un regalo inaspettato e unico. Essi mostravano tutte le possibili soluzioni che un corpo di massa trascurabile poteva mostrare una volta  immerso in un campo gravitazionale estremamente complesso. Sono nate le risonanze di moto medio, quelle secolari, i Troiani posti nei punti lagrangiani e mille altre configurazioni che sembravano destinate a rimanere nell’ambito puramente teorico e nulla più.

Un po’ alla volta, sono serviti a verificare teorie sempre più approfondite e ardite e, alla fine, a lanciare navicelle artificiali, conoscendo ormai tutto ciò che poteva capitarle. Mi sento di dire che senza lo studio della dinamica asteroidale, l’astronautica non sarebbe potuta nascere così velocemente o forse mai. Per più di un secolo e mezzo gli asteroidi sono stati considerati come punti immateriali (o quasi) in grado di mostrare direttamente tutto ciò che i meccanici celesti riuscivano a immaginare e a chiedersi. Davano una veloce risposta a qualsiasi dubbio.

Il miglioramento delle tecnologie osservative ha, infine, permesso, verso gli anni ’60-’70, di cominciare a pensarli come entità fisiche di enorme valore intrinseco. La svolta fu data a Tucson, nel 1971, con il primo grande congresso sugli asteroidi, ripetutosi poi nel 1979. Essi, non solo rappresentavano materiale praticamente immutato risalente alla nascita del Sistema Solare, veri e propri fossili viventi, ma mostravano caratteristiche geometriche e fisiche in grado di aprire nuovi orizzonti di ricerca.

Con la fotometria fotoelettrica si iniziarono a studiare la rotazione e la forma e a scorgere nuove potenzialità capaci di verificare teorie impossibili da testare altrove nel Cosmo. Ancora una volta, erano tanti, così tanti da rappresentare un gruppo statisticamente valido. Inoltre, avevano dimensioni senza salti improvvisi che andavano da pochi metri a centinaia di chilometri. Infine, si scontravano continuamente tra loro e si riducevano spesso in frammenti.

Si arrivò così alla fine degli anni ’70.  A questo punto, ho il grande piacere di raccontarvi una storia scientifica a cui ho partecipato in prima persona e che (nel suo piccolo) ha rivoluzionato la visione di questi oggetti così piccoli, brutti e vicini. Era il periodo in cui stavo collaborando con Ed Tedesco del LPL (Lunar Planetary Laboratory) di Tuscon, Arizona, sull’analisi dei dati rotazionali degli asteroidi. Sia direttamente che tramite una bibliografia sempre crescente, avevamo ormai a disposizione decine di periodi di rotazione e di forme approssimate dei piccoli pianeti. In realtà, più che le forme, le curve di luce degli asteroidi fornivano il periodo e l’ampiezza totale della variazione luminosa che era, però, correlata alla forma geometrica. Potevamo finalmente passare a uno studio statistico di queste proprietà e cercare di vedere se vi erano correlazioni fisicamente rilevanti tra i vari parametri fisici e dinamici.

curva di luce di Eros
La curva di luce fotometrica dell’asteroide Eros, ottenuta dallo scrivente all’Osservatorio Astronomico di Torino. I massimi e i minimi di luce corrispondono ad aree maggiori e minori mostrate all’osservatore durante la rotazione dell’asteroide attorno al proprio asse.

Ci scontrammo contro le idee correnti che tendevano alla semplicistica ipotesi che più si era piccoli e più si ruotava velocemente. Noi dimostrammo il contrario o quasi: i piccoli ruotavano un po’ in tutti i modi, mentre quelli di dimensioni medie (100 – 300 km) ruotavano più velocemente e la deviazione rispetto al valor medio era decisamente piccola. I più grandi, infine, avevano periodi di rotazione abbastanza costanti, intorno alla decina di ore. Fu una dura lotta, soprattutto perché DOVEVAMO pubblicare la nostra ricerca su una rivista americana, dove avrebbe avuto una diffusione molto più grande. Purtroppo i “referee” (arbitri) delle riviste più prestigiose erano solo americani e la faccenda diventava complicata per uno scienziato europeo (almeno a quei tempi… poi cambiò, ma è un’altra storia).

Per ottenere questo risultato fu molto utile la collaborazione con un collega d’oltreoceano. Se no… chissà. Ci riuscimmo e mettemmo in evidenza una classe peculiare di oggetti, i LASPA (Large Amplitude Short Period Asteroids), asteroidi piuttosto grandi che mostravano grandi ampiezze della curva di luce (forme allungate) e periodi di rotazione molto corti (poche ore). L’articolo originale si può trovare qui.

Nello stesso periodo avevo iniziato a collaborare con un paio di giovani e brillanti colleghi di Pisa, Paolo Farinella e Paolo Paolicchi, sulla costruzione teorica di un modello di asteroide binario. Farinella, in particolare, si era laureato con una tesi sulle forme di equilibrio dei liquidi, seguendo la celebre descrizione del premio Nobel indiano Subrahmanyan Chandrasekhar.

Ne parlammo un po’ insieme e l’idea scaturì abbastanza facilmente. Gli asteroidi hanno una vita collisionale molto intensa ed è facile che durante la loro vita anche quelli di dimensioni medio-grandi siano stati completamente frantumati da un fratellino più piccolo. Cosa può succedere ai frammenti?  In verità, molte cose in funzione del diametro. Iniziammo, così, il primo passo nello studio dell’evoluzione collisionale degli asteroidi.

I più piccoli altro non sono che frammenti singoli, scappati a seguito dell’urto catastrofico e immessi su orbite del tutto indipendenti. I più grandi non hanno probabilmente mai subito urti veramente distruttivi e mantengono la forma e il periodo di rotazione originari (o quasi), segnati da qualche grande “ferita” (Vesta ne è un esempio). Quelli medio-grandi sono i più interessanti.

Alcuni frammenti riescono a scappare alla mutua attrazione gravitazionale, ma rimangono su orbite abbastanza simili (famiglie di asteroidi). Molti di essi, però, ricadono uno sull’altro e riformano un oggetto di dimensioni considerevoli composto da una serie di frammenti legati tra loro solo dall’autogravitazione. A loro è stato dato il nome di “piles of rubble”, mucchi di pietre.

Molti di questi si presentavano proprio come LASPA, ossia oggetti molto allungati e in rapida rotazione. La soluzione ci sembrò abbastanza semplice e unica tra tutti gli oggetti osservabili nell’Universo. Avevamo di fronte corpi celesti che simulavano molto bene i liquidi incompressibili, proprio quelli teorizzati e trattati da Chandrasekhar.  I vari frammenti, infatti, potevano spostarsi sotto l’effetto della rotazione, ma non potevano compenetrarsi.

Le stelle sono sfere di gas che,  sotto l’effetto di una rapida rotazione, si possono schiacciare ai poli, ma non sono liquidi incompressibili e lo sappiamo molto bene (nane bianche, stelle di neutroni, buchi neri). I pianeti rocciosi sono tenuti assieme non solo dalla gravità, ma anche dalle forze di stato solido e quindi mantengono una forma abbastanza sferica. Solo questi strani asteroidi, piccoli ma non troppo e di costituzione quasi “liquida”, potevano seguire la teoria del grande fisico indiano!

pile of rubble
Le due vignette illustrano l’esplorazione di un asteroide da parte di Paperino su “invito” del ricchissimo zio Paperone, che sta cercando nello spazio un luogo sicuro dove mettere il suo enorme deposito di dollari. Paperino vuole “testare” la gravità dell’asteroide, ma con sua grande sorpresa lo attraversa letteralmente, esclamando “non sono nemmeno incollati assieme!” La storia risale al 1960 e precede di circa vent’anni la scoperta dei “pile of rubbles”(ammasso di detriti) da parte degli astronomi.

Partimmo in quarta e stabilimmo una storia evolutiva della forma degli asteroidi del tipo “pile of rubble” o LASPA, un unicum tra gli oggetti del Cosmo (articolo originario). Essi avevano subito un urto violento (mediamente fuori asse)  e quindi il loro momento angolare era notevolmente aumentato. Aumento di momento angolare vuole dire aumento della velocità di rotazione in parte bilanciata dall’allungamento della forma. Non basta però. La forma può restare quella classica acquisita anche da molte stelle e pianeti essenzialmente gassosi: lo sferoide a due assi; in altre parole, un ellissoide che ha l’asse minore (c) come asse di rotazione e gli altri due uguali fra loro .

ellissoide a due assi
Se il momento angolare aggiunto non è molto grande, l’asteroide “liquido” assume la forma di un ellissoide a due assi (a=b>c). In questa situazione la curva di luce non mostra un’ampiezza rilevante, in quanto l’area apparente vista dall’osservatore (all’equatore dell’asteroide) è sempre πac

Questo non poteva, però, essere il caso dei LASPA. Infatti, per osservare un’ampiezza notevole della curva di luce fotometrica è necessario che i due assi maggiori (a e b, ossia quelli equatoriali) siano diversi tra loro e anche di tanto.

ellissoide a tre assi
L’ellissoide di Jacobi (a tre assi, a>b>c) si origina dallo sferoide a due assi per eccesso di momento angolare. In questo casso la curva di luce va da un massimo (quando l’area mostrata è πac) a un minimo quando l’area è πbc. Questo è proprio quanto mostrato dai LASPA.

L’ampiezza della curva di luce vista equatorialmente (ossia al suo massimo) è data proprio da una costante moltiplicata per il logaritmo del rapporto tra i due assi maggiori. I LASPA dovevano perciò essere ellissoidi a tre assi, proprio quelli che aveva predetto Chandrasekhar e che vengono chiamati ellissoidi di Jacobi.

La forma di un oggetto liquido tenuto insieme dall’autogravitazione e sotto l’effetto di un momento angolare crescente, diventa prima uno sferoide a due assi e poi, per un certo valore critico, diventa instabile e si trasforma in un ellissoide di Jacobi. Assumendo questa configurazione raggiunta solo dagli asteroidi del tipo “pile of rubble” era anche possibile calcolare la densità totale e fornire una stima della percentuale di zone vuote, tra frammento e frammento.

Se il momento angolare fosse aumentato ancora, anche l’ellissoide a tre assi sarebbe diventato instabile e si sarebbe separato in due ellissoidi con rapporto di massa non molto diverso da uno. La rotazione sarebbe diminuita in quanto l’aumento di momento angolare si sarebbe trasferito in momento orbitale del sistema doppio.

Oggi, la nostra ipotesi è stata dimostrata dai fatti e sono stati osservati anche gli asteroidi doppi per fissione  (Antiope e Patroclo, più altri che non sono ancora stati separati definitivamente, come Ettore, Kleopatra, ecc.). Anche la densità totale trovata è stata confermata in pieno (più bassa del materiale dei singoli frammenti in quanto deve essere considerato anche il vuoto esistente tra loro).

asteroidi doppi
Due asteroidi doppi con compagni di massa comparabile. Essi sono probabilmente sistemi binari formatisi per eccesso di momento angolare su un ellissoide di Jacobi. A sinistra Antiope e a destra Patroclo.

Insomma, una bella rivincita dei piccoli, brutti e vicini asteroidi!

E non è detto che non vi annoi ancora con altre storielle di vita vissuta, come questa… Nel frattempo, se volete, potete andare a leggere questo vecchio articolo.

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20 Commenti    |    Aggiungi un Commento

  1. caspita che bell'articolo.... letto tutto di un fiato.
    effettivamente nei libri divulgativi "standard" si fà sempre troppo poco riferimento a questa classe di oggetti così importanti, e chi "non del mestiere" o particolarmente appassionato fà sempre fatica a reperire informazioni in tal senso....
    aspetto il seguito...

  2. Citazione Originariamente Scritto da etruscastro Visualizza Messaggio
    caspita che bell'articolo.... letto tutto di un fiato.
    effettivamente nei libri divulgativi "standard" si fà sempre troppo poco riferimento a questa classe di oggetti così importanti, e chi "non del mestiere" o particolarmente appassionato fà sempre fatica a reperire informazioni in tal senso....
    aspetto il seguito...
    grazie carissimo....

  3. Uno splendido "dietro le quinte" del nostro teatro del cosmo.
    Come succede in una qualsiasi rappresentazione il pubblico in genere ignora il lavoro di questi invisibili protagonisti
    Sicuramente meno vistosi di altri soggetti, come hai spiegato (chiaramente come al solito), ricoprono una parte fondamentale nel processo che ci ha portato a conoscere qualcosina del mondo oltre il nostro giardino...
    E' davvero incoraggiante, ora che ci hai fatto riflettere sull'argomento, sapere che abbiamo a così poca distanza da casa una ricchissima biblioteca pronta a raccontarci la storia del nostro angolo di universo.
    Grazie Enzo!
    Quindi il primo a scoprire l'esistenza dei pile of rubbles é stato paperino? Non guarderò mai più un numero di topolino allo stesso modo

  4. Grazie Enzo , bellissimo articolo.
    "Annoiaci" pure ancora, vorrei "annoiarmi" spesso così.
    Ma il...tuo asteroide, da che parte è? Quando l'UAI ti ha comunicato che riconosceva (giustamente) il tuo fantastico lavoro assegnandoti un sasso cosmico, quale è stato il tuo pensiero? Continua a parlarci del tuo affascinante lavoro.
    Saranno anche troppo vicini e brutti questi ragazzini cosmici, ma intanto sono una vera e propria miniera che potrà servire alla sorellona Terra se saprà cogliere l'attimo.

  5. Citazione Originariamente Scritto da Mario Fiori Visualizza Messaggio
    Grazie Enzo , bellissimo articolo.
    "Annoiaci" pure ancora, vorrei "annoiarmi" spesso così.
    Ma il...tuo asteroide, da che parte è? Quando l'UAI ti ha comunicato che riconosceva (giustamente) il tuo fantastico lavoro assegnandoti un sasso cosmico, quale è stato il tuo pensiero? Continua a parlarci del tuo affascinante lavoro.
    Saranno anche troppo vicini e brutti questi ragazzini cosmici, ma intanto sono una vera e propria miniera che potrà servire alla sorellona Terra se saprà cogliere l'attimo.
    grazie a te caro Mario...

    Beh... è capitato tanto tempo fa. Tra gli addetti ai lavori è quasi automatico avere un asteroide col proprio nome. Tra noi "vecchi" si gioca di solito con il numero. Chi, a parità di anni ha il numero più piccolo vuol dire che l'ha ottenuto per primo e quindi prende in giro gli altri. Io, con il 2813 sono nella classe dei "duemila", mentre altri, anche ben più bravi di me, hanno "solo" il tremila... Io, ricordo, scherzavo su questo spesso con il grande Shoemaker... Che grande uomo!!! Mi commuovo solo a pensarci...

  6. Citazione Originariamente Scritto da Vincenzo Zappalà Visualizza Messaggio
    grazie a te caro Mario...

    Beh... è capitato tanto tempo fa. Tra gli addetti ai lavori è quasi automatico avere un asteroide col proprio nome. Tra noi "vecchi" si gioca di solito con il numero. Chi, a parità di anni ha il numero più piccolo vuol dire che l'ha ottenuto per primo e quindi prende in giro gli altri. Io, con il 2813 sono nella classe dei "duemila", mentre altri, anche ben più bravi di me, hanno "solo" il tremila... Io, ricordo, scherzavo su questo spesso con il grande Shoemaker... Che grande uomo!!! Mi commuovo solo a pensarci...
    Gran bell'articolo, Enzo! Sapevo dell'importanza degli asteroidi, ma non immaginavo nemmeno che potessero dare così tante risposte....
    Vedo che hai conosciuto il grande Ciabattino (Shoemaker ).... Sarebbe interessante una tua memoria su di lui...

  7. Ciao Enzo,
    bell'articolo, mi ci ritrovo completamente.
    Saluti
    Lorenzo Franco

    PS: l'articolo "Rotational properties of asteroids: Correlations and selection effects" purtroppo è a pagamento, come tanti altri articoli di questo tipo.

  8. Wow, spettacolo! Gli asteroidi doppi per fissione non li avevo proprio mai sentiti! Chissà quante cose si celano dietro a questo mondo degli asteroidi....mondo effettivamente a volte un po' troppo trascurato!

    Bravo Enzo!