E se arrivasse una sonda aliena? Terza parte

Le due ETC, una attiva e l’altra passiva, si scambiano messaggi e oggetti, ma questa impresa non è per niente semplice…

Siamo arrivati alla terza di quattro puntate: suggerisco a chi non sapesse di cosa sto trattando, di leggere la puntata introduttiva, molto semplice e discorsiva e successivamente la seconda parte.

Siamo arrivati al punto un cui una ETC passiva, noi terrestri, ed una razza aliena intelligente (una ETC attiva) si scambiano messaggi e oggetti per mezzo di sonde.

Iniziamo da una ETC passiva che invia una sonda ad una ETC attiva

E’ il caso in cui siamo noi ad inviare una sonda nello spazio interstellare: le sonde Voyager potrebbero essere benissimo le prime, ma Smith aggiunge che questa idea dovrebbe essere presa con le molle e l’include solo per completezza continuando con queste considerazioni (ndr: ahia, tenetevi ben saldi mentre continuate la lettura! ).

“Sappiamo che la prima sonda Voyager” afferma Smith, “ha iniziato ad allontanarsi dal Sistema Solare a 100 anni dai primi esperimenti di lanci di razzi a combustibile liquido da parte di Goddard”.

esperimenti pionieristici con i primi missili…

Smith ipotizza che una sonda di successiva generazione potrebbe essere lanciata successivamente ogni 100 anni con l’evolversi nel tempo della Terra da ETC passiva ad attiva .

(ndr: ora Smith praticamente perfeziona gli esempi che ho fatto prima, con valori un po’ più realistici, per quanto possibile! reggetevi forte: matematica e numerologia in arrivo, chiamate figli e nipotini a rapporto… )

Usando perciò la Voyager II come sonda zero, Smith calcola che potrebbe raggiungere un ipotetico target interstellare posto nelle nostre vicinanze in circa 80.000 anni. (ndr: ottantamila anni, mica qualche annetto… )

Supponiamo ora che ogni 100 anni l’umanità lanci un’altra sonda verso la stessa destinazione, sempre verso questo target ipotetico e vediamo cosa succede spostandoci in avanti nel tempo!

Dopo 2700 anni avremmo così lanciato la nostra sonda di 27-esima generazione, che sicuramente sarà molto più avanzata e viaggerà ad una velocità molto più alta. Perciò potrebbe raggiungere la destinazione comune in appena 5560 anni (ndr: noi ci fidiamo dei calcoli fatti da Smith…), e cioè la bellezza di 74000 anni prima della Voyager II (che era la sonda capostipite).

Pausa caffé prima di rituffarci nei voli interstellari

Questo è solo l’esempio dell’umanità che invia una sonda ogni 100 anni verso i nostri vicini interstellari. Ma cosa accadrebbe se espandessimo il nostro raggio d’azione verso una ETC posta ad esempio a 100 anni luce da noi?

La primissima sonda inviata in questo scenario (la nostra Voyager II) raggiungerebbe questa destinazione solamente dopo la bellezza di 1.972.000 anni dopo. (ndr: un milione novecentosettantaduemila anni, da paura… )

Supponiamo di continuare a lanciare sonde ogni 100 anni ed ogni volta con velocità crescente. In questo caso sarebbe la sonda di 140-esima generazione (ndr: noi ci fidiamo, ovviamente ) a raggiungere per prima la destinazione: lanciata nel 14000-esimo anno del programma delle sonde interstellari, sarebbe molto più veloce della Voyager II e giungerebbe a destinazione 28200 anni dopo l’avvio del programma interstellare. (ndr: e ci fidiamo a maggior ragione ). Capite bene che arrivare dopo appena (si fa per dire!) 28200 anni è un notevole progresso rispetto al 1.972.000 anni della gloriosa Voyager II.

il disco d’oro presente a bordo della sonda Voyager I e II – credit : NASA/JPL

Se questa sonda-lumaca (ndr: la Panda, se vi ricordate! ) fosse proprio la Voyager II, già sappiamo che a bordo è presente un disco d’oro inciso, creato con lo scopo di presentarci, noi umanità, ad occhi desiderosi di conoscerci, ma dopo quasi due milioni di anni sarebbe una stranezza anacronistica !

Infatti l’ETC avrebbe già ricevuto la sonda-speedy gonzales (ndr: la Ferrari! ) dopo soli 28200 anni e studiando questo manufatto ne saprebbe senz’altro di più di quanto stipato, zippato, in una sonda piena di dischi d’oro. Sarebbe come trovare un disegno di un bambino, mostrato solamente quando ha 80 anni.

Una ETC attiva invia una sonda ad una ETC passiva

E’ la situazione opposta rispetto a  questa appena analizzata ed in pratica Smith immagina che la ETC (attiva) sia un bel po’ più progredita di noi, tecnologicamente parlando.

I numeri che si ottengono sono sostanzialmente simili, con l’unica differenza che stavolta forse le primissime sonde lanciate da un’ETC più avanzata potrebbero essere in partenza nettamente più veloci delle nostre lumache.

Smith ritiene che le loro sonde potrebbero addirittura raggiungere una velocità di 1/10 della velocità della luce entro 200.000 anni dall’inizio del loro programma.

In questo modo non ci sarebbe bisogno di aspettare almeno due milioni di anni tra la loro prima sonda e quella con velocità di 1/10 della velocità della luce: perciò la sonda che arriverà per prima potrebbe essere senz’altro terribilmente hi-tech per i nostri standard e senza dubbio impareremmo molto da lei.

(ndr: fatti i conti, un incremento lineare nella velocità tra una sonda e la successiva, comporta comunque tempi lunghissimi per l’incontro, ma il tutto dipende come detto dal livello tecnologico per la ETC che invia la prima sonda e le successive )

L’indomito Smith non si ferma qui: ora esporrà insieme i due casi in cui la velocità delle sonde aumenta esponenzialmente, sia che siano lanciate da una ETC attiva verso di noi (passivi), sia che siamo noi a lanciarle verso l’ETC attiva, dato che i risultati sono praticamente speculari.

Un’ETC invia sonde con incremento esponenziale di velocità verso un’altra ETC

In questa situazione, l’ETC (attiva) invia sonde a velocità che aumenta esponenzialmente: la prima sonda ad arrivare da noi sarebbe quella di sesta generazione, lanciata appena 1200 anni dopo l’inizio del loro programma spaziale e ci raggiungerebbe in appena 200 anni. In questo modo arriverebbe migliaia (e non milioni) di anni prima della primissima sonda lanciata!

Stessa cosa praticamente nel caso fossimo noi umani (ETC passiva) a inviare sonde con incremento di velocità esponenziale verso un’altra ETC.

(ndr: quindi quello che conta è la velocità della sonda iniziale e l’incremento esponenziale di velocità per le sonde successive: questa situazione è quella in cui tempi e durate dei viaggi diventano umani e non assolutamente improponibili.

Però, a pensarci bene… non sarebbe nemmeno necessario inviare ad esempio sei sonde, tra la prima e quella di sesta generazione: basterebbe lanciare direttamente e subito una sonda con la velocità della sesta generazione e dopo 200 anni si raggiungerebbe la destinazione! Ciò vorrebbe dire anticipare di 1200 anni la tecnologia anche se questa cosa la vedo un tantinello complicata! )

Ed ora Smith si sbilancia: qualunque sia il risultato del lancio di sonde tra ETC attive e passive che si trovano in sistemi stellari molto lontani, ci sono alcune cose su cui riflettere.

Smith concorda infatti con altri pensatori e ricercatori quando questi affermano che è altamente inverosimile che il primo contatto possa avvenire tra due civiltà uguali. (ndr: cioè allo stesso livello tecnologico )

E’ più probabile che invece ci sia una grande disparità tecnologica tra le due civiltà e ciò sarebbe davvero straordinario.

Qui il discorso sconfina verso un terreno minato…

(ndr: tanto per spianare la strada a quanto affermerà a breve il nostro amico Smith, ricordo che da qualche tempo oltreoceano è stata introdotta una nuova sigla, UAP (Unidentified Aerial Phenomena) per indicare quelle situazioni che finora erano identificate con la ben nota ma vaga e obsoleta sigla UFO, Unidentified Flying Objects.
Capito dove andiamo a parare?

Per dovere di cronaca ho tradotto anche questa parte, pur non essendo d’accordo in alcune sfaccettature, ma poi nel forum dovremo stare attenti a non sconfinare verso terreni minati e vietati dalle regole interne: mi raccomando, niente omini verdi, ma solo tecnologia! )

Ebbene alcuni si domandano semplicemente se gli UAP non siano proprio queste sonde.
Non c’è alcun modo di saperlo, ma a suo illuminato parere vale la pena ragionare su questa idea e Smith fa un domandone da un milione di euro o dollari, fate voi: “Le caratteristiche di volo di un qualsiasi UAP sono così particolari, da essere coerenti con il fatto che la loro origine sia una ETC distante?” (ndr: a mio parere la domandona non ha molto senso e non è il caso di disquisirne oltre… )

Proxima Centauri si trova a 4.2 anni luce da noi e per una sonda tipo la Voyager I ci vorrebbero 73000 anni per raggiungerla – credit: ESA/ Hubble e NASA

Possiamo assumere che l’umanità dovrebbe essere la parte più giovane in un qualsiasi primo incontro, dato che il nostro livello tecnologico non ci permette di inviare una sonda verso altre stelle eccetto quelle più vicine. Se la sonda Voyager I puntasse verso la nostra stella più vicina, Proxima Centauri, ci vorrebbero 73000 anni per arrivare da quelle parti.

Attualmente esiste il progetto “Breakthrough Starshot” che prevederebbe l’invio di una flotta di sonde a vela, che potrebbero raggiungere Proxima Centauri in appena 20 anni : si tratta solo di una teoria che ovviamente non approfondiremo in questa sede.

E’ inutile per noi cercare di inviare una sonda anche verso la stella a noi più vicina, ma dovremmo aspettare che la nostra tecnologia cresca nel tempo: 73000 anni sono un periodo di tempo assurdo. Come sarà la nostra umanità e la nostra civiltà dopo tutto questo tempo? Ma soprattutto, l’umanità esisterà ancora?

E’ più probabile allora che siamo noi l’ETC passiva quando dovessimo ricevere la visita di una sonda da parte di un programma interstellare di un’altra civiltà. In tal caso il primo contatto potrebbe avvenire grazie all’arrivo di una sonda di decima generazione di una ETC attiva se non addirittura più avanzata.

Che cosa ne faremmo di questa sonda?

(ndr: ed ora un’ennesima domanda, che ci arriva come una mazzata tra capo e collo…)

Saremmo in grado di riconoscerla?

Se fosse stata programmata per inserirsi in orbita intorno alla Terra oppure al Sole, noi certamente saremmo in grado di riconoscere questa sonda. Ma poi cosa succederebbe?

Punteremmo il maggior numero di telescopi verso la sonda (ndr: permettetemi di aggiungere aliena, tanto qui siamo a livelli Star Trek ) e lanceremmo le nostre sonde per osservare questo oggetto ed apprendere tutto il possibile. Le nazioni gareggerebbero per raggiungerla, ma tutto non sarebbe così liscio.

Nascerebbero discussioni e conflitti non appena le nazioni si accorgeranno del potenziale tesoro di tecnologia contenuto nella sonda.

Ma queste sono solo speculazioni e sono parte integrante di un lavoro come questo (ndr: vi ricordo che è sempre Smith che parla ), che ci spingono a confrontare questi punti, questi problemi, anche se un contatto potrebbe non avvenire per migliaia d’anni, se non avvenire affatto.

(ndr: e allora? se la pensa così, a cosa servirebbero questi studi? Smith tira il sasso ma poi nasconde la manoo meglio ancora si sta dando la zappa sui piedi )

Proprio grazie agli studi di Smith ed altri pensatori come lui (ndr: qui è l’articolista che parla ed io cerco di dare un senso a quello che dice! ) il primo contatto con una sonda avrebbe un esito differente, dato che saremmo molto più preparati. (ndr: mmmm… qualche dubbio ce l’ho…)

Semmai arrivasse una sonda da un’altra ETC, e noi l’intercettassimo e la studiassimo, sapremmo anche cosa aspettarci dopo. (ndr: grazie a Smith e alla sua intuizione, questo glielo concedo…) Noi sapremmo che questa non è stata certo la prima sonda ad essere stata lanciata e ragionevolmente ci potremmo aspettare che le sonde che dovessero arrivare successivamente potrebbero essere più primitive.

(ndr: già, ma quanto tempo dopo arriveranno? ma soprattutto… arriveranno?? )

Con questo termino la terza parte che in alcuni punti è decisamente nebulosa e caotica.

Rimanete sintonizzati per sapere come finisce questa storia, il gioco delle sonde.

Informazioni su Pierluigi Panunzi 459 Articoli
Classe 1955, sono nato e vivo a Roma, laureato in Ingegneria Elettronica, in pensione dopo aver lavorato per anni nel campo del software, ma avrei voluto laurearmi in Astronomia. Coltivo la passione per l’astronomia dal giorno successivo allo sbarco dell’uomo sulla Luna, maturando un interesse sempre crescente per la Meccanica Celeste, il moto dei pianeti, la Luna e i satelliti. Da molti anni sono divulgatore scientifico e in passato ho presieduto a serate astronomiche organizzate a Roma e paesi vicini. Da parecchi anni mi sto perfezionando nell’astrofotografia grazie all’auto-regalo di varie apparecchiature digitali

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