Il buco nero Sgr A* si mostra a EHT, il telescopio grande come la Terra

L’immagine storica del buco nero al centro della Via Lattea segna il culmine di quattro secoli di ricerca astronomica e scientifica.

In una giornata che passerà alla storia dell’Astronomia, l’ESO ha indetto una conferenza per svelare al mondo la prima immagine di Sagittarius A*. Si tratta della potente sorgente radio che osserviamo da oltre cinquant’anni localizzata al centro della Via Lattea, e ogni indizio puntava verso la descrizione di un buco nero supermassiccio.

Ma questa è la prima evidenza osservativa che ne confermi la sua natura, e la dobbiamo al consorzio Event Horizon Telescope.

La prima immagine di Sgr A*, il buco nero supermassiccio al centro della nostra galassia. Crediti: ESO/EHT

Sebbene l’osservazione di un buco nero non sia una novità assoluta (ricorderete l’immagine del primo buco nero risalente ad aprile del 2019 con M87*), stavolta le rilevazioni sono state molto più complicate.

Sgr A* è estremamente più vicino a noi di M87* (27 mila anni luce contro 55 milioni di anni luce) ma anche circa 1600 volte meno massivo e altrettanto più piccolo.

Confronto tra le dimensioni dei buchi neri M87* e Sgr A* fotografati dall’Event Horizon Telescope (EHT). Crediti: ESO/EHT

La conseguenza di questo si riflette immediatamente nelle sue dimensioni, che fanno risultare Sgr A* quasi identico in termini di dimensioni angolari. La peculiarità di un buco nero “piccolo” è che la materia in orbita attorno a esso, accelerata a velocità comparabili a quelle della luce e portata a temperature nell’ordine dei milioni di milioni di gradi, si comporta in maniera troppo dinamica per pensare di “immortarla” con le attuali capacità di acquisizione.
Per avere un’idea dei tempi in gioco, la materia attorno a Sgr A* compie un’orbita in tempi stimati nell’ordine dei 4 minuti e 30 secondi mentre l’osservazione con i telescopi, per generare ciascuna immagine, copre un lasso di tempo di svariate ore. Il divertente paragone spiegato nel corso della conferenza è il tentativo di fotografare un bambino vivace, che corre qua e là, al buio! Per confronto, la materia attorno al buco nero M87* ha tempi di rotazione di settimane.

Ogni immagine rilevata (e parliamo di migliaia di campionamenti eseguiti utilizzando vari metodi di calcolo) rappresentava perciò l’alone sfocato dei filamenti di gas in movimento. Questo grande set di dati è stato suddiviso in quattro categorie, ognuna delle quali contenente immagini caratterizzate da caratteristiche comuni. L’elaborazione finale è la media di tutte le immagini disponibili calcolata in modo da accentuare le caratteristiche più frequenti e ridurre quelle che appaiono più di rado.

Le quattro categorie con cui le immagini sono state suddivise insieme agli istogrammi con le relative occorrenze. Le prime tre tipologie rappresentano la quasi totalità delle immagini impiegate. Crediti: ESO/EHT

Il concetto alla base di questo tipo di elaborazione, e perché si sia reso fondamentale per fotografare Sgr A*, è spiegato efficacemente nel seguente video [crediti: C. M. Fromm (University Würzburg, Germany), L. Rezzolla (University Frankfurt, Germany), EHT Collaboration]

Il fatto eccezionale, che conferma la qualità e precisione delle previsioni basate sulla teoria della relatività elaborata oltre un secolo fa, è che le immagini pur così sfocate sono perfettamente in accordo con le simulazioni che trattano in elevato dettaglio i singoli filamenti di materia in rotazione attorno al buco nero.

Simulazione della materia in rapida rotazione attorno a Sgr A*. Crediti: ESO

Il miracolo di fotografare un oggetto tanto piccolo, grande come una ciambella sulla superficie della Luna, è reso possibile dalla tecnica dell’interferometria a lunghissima base (VLBI). Una rete di radiotelescopi dislocati in ogni angolo della Terra, denominata Event Horizon Telescope, osserva contemporaneamente lo stesso oggetto nel cielo. I dati raccolti, in quantità che raggiungono le centinaia di TeraByte per ogni singolo osservatorio, sono sincronizzati tra loro per mezzo di orologi atomici e forniti in pasto a centri di calcolo specializzati (i cosiddetti correlatori) che eseguono algoritmi di elaborazione scritti ad hoc.

Oltre 300 ricercatori provenienti da 80 istituti in tutto il mondo hanno contribuito a questo sforzo con pochi uguali, mostrandoci quando di bello può nascere dalla collaborazione umana e scientifica.

Ma ci saranno delle novità nel prossimo futuro. A marzo 2022 il consorzio EHT ha concluso un’altra importante campagna di osservazione includendo un numero maggiore di telescopi. Questo produrrà rilevanti miglioramenti in termini di apertura sintetica e sensibilità del sistema, con la potenzialità di aumentare la risoluzione e ridurre i tempi di acquisizione.

Siamo solo agli inizi di questa spettacolare branca dell’osservazione astronomica, un futuro di fantastiche scoperte e conferme fondamentali si apre davanti a noi.

Fonti:
https://www.eso.org/public/italy/news/eso2208-eht-mw/

Informazioni su Antonio Piras 66 Articoli
Ingegnere elettronico per lavoro, da sempre appassionato di scienza. Scopro l'osservazione astronomica grazie al telescopio della LIDL (ebbene sì) che mi svela le lune medicee un giorno prima di Galileo...ma 405 anni dopo. Da allora la passione cresce a dismisura e attualmente la coniugo alla fotografia, altro grande hobby.

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6 Commenti    |    Aggiungi un Commento

  1. È una misura difficile da mettere in relazione con qualcosa di tangibile, forse persino per gli astronomi. Si tratta di un millesimo di millesimo di arcosecondo.
    Con l'arcosecondo, almeno noi astrofili, abbiamo più confidenza per esprimere la dimensione angolare degli oggetti nel cielo: Giove sfiora i 50 arcsec in opposizione, o la Luna piena ha un diametro di circa 1800 arcsec (pari a 30 minuti d'arco, o mezzo grado).

    SgrA* ci appare con un diametro di circa 55 microarcosecondi o, come ho scritto nell'articolo con riferimento al paragone usato dall'ESO, il diametro di una ciambella sulla Luna

  2. Stavo pensando che se fosse possibile mettere "a sistema" nel circuito VLBI anche il JWT, si avrebbe una base interferometrica di 1,5 milioni di km, sarebbe un bel salto di risoluzione.

    Fantascienza o sarebbe cosa veramente fattibile?

  3. Citazione Originariamente Scritto da Angelo_C Visualizza Messaggio
    Stavo pensando che se fosse possibile mettere "a sistema" nel circuito VLBI anche il JWT, si avrebbe una base interferometrica di 1,5 milioni di km, sarebbe un bel salto di risoluzione.

    Fantascienza o sarebbe cosa veramente fattibile?
    Devo dire che ci sto pensando su da alcuni giorni, e questo argomento è anche parte della domanda che avevo formulato e inviato all'ufficio stampa dell'ESO (avendo l'onore di sentirla posta ai panellist durante la conferenza stampa https://youtu.be/hd4npzgawAs?t=26943). Purtroppo non hanno menzionato le (im)possibilità di impiegare un telescopio spaziale, quindi ho provato a elaborare qualche considerazione a ruota libera (parlare di Fermi estimate sarebbe francamente troppo, diciamo ad mentula canis se preferite).

    - serve un disco grande. Tutti i radiotelescopi impiegati nell'EHT, quando non essi stessi parte di una vasta rete, hanno un disco di almeno 10 metri (come nel caso del South Pole Observatory che credo sia il più piccolo). JWST, riferimento da prendere quando si parla di telescopi spaziali colossali, si ferma a 6,5.
    - serve un puntamento eccezionalmente preciso. Sempre il JWST è capace di puntare con una precisione di 5 millesimi di arcosecondo, che sono praticamente 3 ordini di grandezza meglio dei telescopi terrestri impiegati dell'EHT. 5 arcosecondi è proprio il valore di accuratezza che ho reperito per il South Pole Observatory - ho pensato "disco piccolo = più facile avere precisione". Quindi qui siamo già ok come capacità.
    - serve spostare una quantità di dati spaventosa, nell'ordine delle centinaia di TB per ogni campagna osservativa. Due conti a spanne? La prima campagna osservativa ha prodotto 3.5 PetaByte (milioni di GB) di dati su 8 osservatori - le prossime arriveranno a 15. Stimiamo per difetto che siano 400 TB a osservatorio. Il nostro JWST a regime potrà trasmettere quasi 30 GB di dati al giorno grazie a una antenna ad alto data rate che gli permette la stupefacente velocità di trasmissione di 10 Mbit/s. A questa velocità, per trasmettere una acquisizione per conto dell'EHT, servono...10 anni.

    La scienza, l'ingegneria e il progresso ci insegnano che l'impossibile di ieri è la normalità di oggi, però penso che siamo ancora lontani da essere tecnologicamente pronti a mettere un telescopio con simili potenzialità nello spazio.